Gli ampi orizzonti che solo il leader sa vedere

 

Esiste una profonda differenza tra Management e Leadership. Lo sosteneva già Warren Bennis, professore alla business school del MIT e pioniere degli studi sulla Leadership. Il Manager gestisce e porta a termine gli obiettivi, è responsabile e ha responsabilità; il Leader influenza, sceglie in quale direzione andare e quali azioni intraprendere.

 

Ogni volta che penso alla figura del leader mi torna in mente il titolo del celere discorso che Martin Luther King tenne nell’agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington: “I have a dream”. Mi torna in mente perché il leader oggi deve essere così: visionario. Deve cioè saper fondere la storia, le risorse e i valori attuali dell’organizzazione e le opportunità dell’ambiente in un racconto di futuro in cui tutti possano identificarsi, al quale tutti possano appassionarsi e contribuire. È così che si definisce una mission di larghi orizzonti, densa di significati e di ricadute a livello personale, interpersonale e collettivo; solo così il leader saprà suscitare le energie per tradurre in pratica l’orizzonte delineato.

 

“Come leader – disse una volta Nelson Mandela – mi sono sempre attenuto ad ascoltare quello che ognuno aveva da dire in una discussione prima di portare la mia propria opinione”. È ciò che fa un vero leader: promuove il collegamento e il dialogo fra le varie parti del sistema attraverso la creazione di un ambiente partecipativo, caratterizzato da autenticità e fiducia. Dà voce e valore ai contributi personali e al confronto collettivo, influenza e si lascia influenzare dalle idee e dai feedback dei collaboratori in modo democratico e bidirezionale.

 

Perché in fondo – lo sappiamo – “nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto” (John Donne). Il leader autentico lo tiene sempre a mente. Sa come favorire la connessione affettiva e l’espressione emotiva; sa creare spirito di squadra, sostenere le relazioni interpersonali e favorire identificazione e spirito di appartenenza. Sa, infine, creare occasioni per esprimere solidarietà, fiducia e armonia.

 

Prendo a prestito le parole di Tom Peters per aggiungere un’ultima qualità, tra le tante, che il leader deve possedere: “i leader non creano seguaci, creano nuovi leader”. Paradossale, vero? Eppure è proprio così perché il leader sa coniugare la realizzazione personale con gli obiettivi dell’organizzazione. Ascolta i bisogni e coglie il valore di ciascun collaboratore e ne sostiene il processo di crescita individuale e la relativa ricerca dell’eccellenza. Nell’ottica di realizzare il bene dell’organizzazione pensa piani personalizzati e occasioni di apprendimento, sviluppa le potenzialità e valorizza le risorse, monitora e verifica l’acquisizione delle competenze critiche specifiche di ogni ruolo e cruciali per il contesto organizzativo.

 

Immagino il leader di oggi come un sapiente direttore d’orchestra: deve risuonare con l’organizzazione nel suo complesso, le sue risorse, i suoi obiettivi. Perché sia veramente efficace non basta che sappia comprendere il mercato (la partitura); deve saper ascoltare la voce unica di ogni strumento, e costruire relazioni solide e improntate alla fiducia reciproca; in ogni movimento della sinfonia aziendale deve gestire – oltre alle proprie – le emozioni dell’intera orchestra. Deve essere consapevole che esse sono contagiose e che le sue, più di tutte, sono in grado di orientare lo stato d’animo e in definitiva l’esecuzione (la performance) di coloro insieme ai quali risuona (lavora).